Laura Simonini e Giulia Fredi

Vita universitaria

Premiate due giovani ingegnere UniTrento

Intervista a Laura Simonini e Giulia Fredi del Dipartimento di Ingegneria Industriale

4 novembre 2021
Versione stampabile
di Paola Bonadiman
Lavora all’Ufficio Web e Social media dell’Università di Trento.

Due giovani ricercatrici del Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII) dell'Università di Trento, Laura Simonini, dottoranda di ricerca, e Giulia Fredi, assegnista di ricerca, hanno recentemente ottenuto importanti riconoscimenti nell'ambito della scienza e della tecnologia dei materiali. Le abbiamo intervistate.

Qual è stato il vostro percorso di studi e che cosa vi ha portate a Trento al Dipartimento di Ingegneria Industriale?

Laura Simonini: Da sempre ho una passione per le materie scientifiche, in particolare per la matematica e la fisica. Questo mi ha portato a scegliere il corso di laurea in Ingegneria Industriale a Trento dopo la maturità scientifica, e a proseguire i miei studi con il corso di laurea magistrale in Materials and Production Engineering. 

Dal 2020 sono iscritta al corso di dottorato in Materiali, meccatronica e ingegneria dei sistemi, sempre al DII, nell’ambito della ricerca e dello sviluppo di materiali innovativi per applicazioni nel settore industriale.

Giulia Fredi: Dopo la maturità cercavo un percorso di studi universitari che mi desse la possibilità di studiare le materie scientifiche in modo “trasversale” – non a compartimenti stagni – e “applicato” – non puramente teorico ma orientato a risolvere problemi concreti. A Trento mi sono iscritta alla laurea magistrale in Ingegneria dei Materiali, un campo di studio davvero interdisciplinare: per studiare i materiali servono, tra le altre, competenze di meccanica dei solidi, chimica e fisica. Dopo la laurea, ho deciso di continuare il mio percorso con un dottorato di ricerca, e ora sono ricercatrice post-dottorato. 

Potete spiegare l'oggetto delle ricerche per cui siete state premiate a un pubblico non esperto?

Laura Simonini: Ho ricevuto il premio “Best Young Researcher Award 2021” per la migliore presentazione scientifica tenuta da un giovane ricercatore o ricercatrice under 35, in occasione del X Convegno Internazionale “Times of Polymers (TOP) & Composites from Aerospace to Nanotechnology”.

L’oggetto della mia ricerca è stato lo sviluppo di una tecnica semplice, economica e innovativa per la deposizione di ossido di grafene sulle fibre di vetro. Questa tecnica si basa sull’effetto triboelettrico, un fenomeno fisico che induce la formazione di cariche elettriche superficiali a seguito del contatto fisico tra due materiali. Basti pensare all’effetto prodotto dallo strofinio di una penna su un tessuto: il risultato sarà un trasferimento di cariche tra i due materiali che permette di sviluppare un’elettrificazione superficiale opposta. Il contatto dinamico tra fibra di vetro e politetrafluoroetilene, meglio conosciuto come Teflon, crea cariche positive sulla superficie delle fibre che possono attrarre a sé le cariche negative caratteristiche dell’ossido di grafene. Tale deposizione produce sulle fibre di vetro un rivestimento superficiale compatto e omogeneo, che permette il miglioramento delle proprietà meccaniche ed elettriche del componente finale. Queste proprietà risultano importanti in applicazioni come i sensori per il monitoraggio della deformazione strutturale in tempo reale, nell’ambito delle costruzioni edilizie, del settore automobilistico ed aerospaziale.

Giulia Fredi: Ho ricevuto il premio per la migliore tesi di dottorato in ingegneria dei materiali del triennio 2018-2021, conferito dall’Associazione Italiana di Ingegneria dei Materiali (AIMAT) in occasione del XVI Convegno Nazionale dell’associazione.

La mia ricerca ha riguardato lo sviluppo e la caratterizzazione di materiali compositi polimerici multifunzionali con elevate proprietà meccaniche e la capacità di assorbire e rilasciare calore a una temperatura ben definita. Questi materiali potrebbero essere impiegati in tutte quelle applicazioni dove la leggerezza, la resistenza meccanica e la regolazione termica sono proprietà vitali, come ad esempio i settori dell’automotive e dell’elettronica portatile.

Dove vi immaginate tra cinque anni? Il settore della ricerca scientifica è caratterizzato da una fortissima mobilità internazionale ma vi sono anche ricercatori e ricercatrici che preferirebbero rimanere o tornare in Italia.

Laura Simonini: Tra cinque anni spero di aver raggiunto una buona preparazione scientifica e di poter quindi continuare su questa strada, con la possibilità di trascorrere dei periodi di formazione professionale all’estero per confrontarmi con persone e realtà di ricerca diverse. Successivamente mi piacerebbe ritornare in Italia per continuare il mio percorso accademico, in particolare presso il DII a Trento dove ho iniziato la mia formazione. Chiaramente dipenderà anche dalle esperienze scientifiche e dalle aspettative di lavoro che mi si presenteranno, ma ritengo che queste mie previsioni per il futuro si potranno realizzare con studio, costanza, passione e un pizzico di fortuna.

Giulia Fredi: Tra cinque anni mi piacerebbe essere ancora impegnata in attività di ricerca, magari sempre in UniTrento. Il laboratorio di Polimeri e Compositi del DII, in cui lavoro da quando ho iniziato il dottorato nel 2016, mi ha fatto davvero crescere professionalmente, perché già dal dottorato ho potuto lavorare indipendentemente e sperimentare vie che mi sembravano interessanti. Ho inoltre potuto fare esperienza di didattica e di supervisione dell’attività di tesisti e presentare il mio lavoro a convegni nazionali e internazionali. Però sento di non aver ancora finito di imparare. 

Molti ricercatori e ricercatrici, durante o dopo il dottorato, sono spinti a cercare all’estero migliori opportunità di carriera o migliori trattamenti economici, il che non è così difficile soprattutto nelle prime fasi della carriera. Credo che diversificare la propria esperienza di ricerca con dei periodi all’estero sia fondamentale in ogni caso per apprendere tecniche e modi di lavoro diversi dal proprio, per avviare nuove collaborazioni internazionali e migliorarsi sul piano personale. 

Si parla molto del fatto che nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) vi sia ancora un numero esiguo di studentesse. È così? A questo proposito, secondo voi cosa si può fare per incoraggiare più bambine e ragazze a dedicarsi alle materie scientifiche? La bambola Barbie ispirata a Samanta Cristoforetti, lanciata di recente in tutta Europa, può contribuire a raggiungere l'obiettivo?

Laura Simonini: Sulla base della mia esperienza universitaria posso confermare che sono davvero poche le ragazze che hanno intrapreso il mio stesso percorso. Credo che l’aspetto di puro interesse per la materia sia condizionato da stereotipi del passato tutt’ora presenti. Recentemente molte scuole, università e aziende sono impegnate a incentivare la presenza delle donne nel settore scientifico, consapevoli che questo squilibrio di genere debba essere ridotto. Non si tratta solo di superare questi stereotipi ma soprattutto di riconoscere che le donne possono apportare un valore aggiunto e consistente alla ricerca scientifica.
Samantha Cristoforetti è molto preparata, è riuscita a distinguersi nel suo campo e ad essere la prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea. Penso che la bambola Barbie a lei ispirata sia un esempio positivo per contribuire a diffondere e stimolare l’interesse nelle discipline STEM da parte delle bambine. 

Giulia Fredi: Come rilevato dal Bilancio di Genere 2021 dell’Università di Trento, sul totale della popolazione studentesca nelle aree STEM le studentesse sono solo 1 su 4 e, se si guarda il solo DII, 1 su 10 (dati del 2019). Secondo me parte del problema risiede nel fatto che già a sei anni le bambine pensano in media di essere meno intelligenti e meno brave in matematica e scienze dei loro compagni maschi (si veda l'articolo "Math–Gender Stereotypes in Elementary School Children"). Gli stereotipi di genere attorno al rapporto tra donne e scienza sono ancora molto forti nella nostra società, e questo influenza le bambine e le ragazze, che non si sentono adatte a svolgere professioni come la ricercatrice o la scienziata, perdendo quindi interesse per le materie scientifiche già in tenera età e alimentando un circolo vizioso di stereotipi da cui è difficile uscire. Penso che sia fondamentale promuovere iniziative che stimolino la curiosità delle bambine e delle ragazze per le materie scientifiche, e per questo è importante che le bambine conoscano le storie di donne che hanno avuto successo nella ricerca o nell’industria, che le sentano parlare e le identifichino come esempi da seguire: se ce l’ha fatta lei, posso farcela anch'io.