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Internazionale

Focus Ucraina. La guerra e il nuovo (dis)ordine mondiale

Approfondimenti sul conflitto a cura di UniTrentoMag e Scuola di Studi Internazionali

16 marzo 2022
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Stefano Schiavo
Direttore della Scuola di Studi Internazionali - SSI

UniTrentoMag inizia una collaborazione con la Scuola di Studi Internazionali - SSI per proporre un approfondimento sulla guerra in Ucraina. Nelle prossime settimane docenti, ricercatori e ricercatrici della Scuola e di altri dipartimenti dell'Ateneo cercheranno di fornire alcune chiavi di lettura per aiutarci a comprendere il conflitto, le sue origini e le possibili conseguenze. 

Siamo ormai giunti alla terza settimana dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Si tratta di un evento traumatico che ha riportato la guerra in Europa e reso tristemente attuali termini e concetti che speravamo confinati ai libri di storia. Gli effetti del conflitto si stanno già facendo sentire in tutto il mondo e avranno ripercussioni di lunga durata sull’economia e sulla società. Possiamo senz’altro dire che siamo di fronte ad un evento epocale.

Le domande che sono rimbalzate fin dall’inizio del conflitto, ovverosia “perché sta succedendo?”, “quanto durerà la guerra?”, “cosa accadrà adesso?” rimangono senza risposta. In effetti, nessuno aveva previsto né l’escalation militare da parte della Russia, né la reazione compatta da parte dell’Occidente o la coraggiosa risposta ucraina. Questo testimonia la difficoltà di leggere e interpretare gli eventi che abbiamo di fronte. Inoltre, come spesso accade, la verità è una delle prime vittime della guerra: la propaganda e le narrazioni contrastanti che ci vengono offerte rendono ancora più complicato trovare una spiegazione a quanto sta accadendo. 

Un primo elemento che caratterizza l’invasione dell’Ucraina, e segna una cesura con il recente passato, è rappresentato dall’attacco frontale al sistema di principi e valori che dal secondo dopoguerra in poi hanno guidato l’integrazione politica ed economica internazionale. Inoltre, la posizione ambigua di Cina, India e altri paesi, sia nelle dichiarazioni pubbliche che nelle votazioni in seno alle Nazioni Unite, segnala lo sgretolarsi del consenso intorno ai fondamenti dell’ordine internazionale vigente. Sebbene non sia la prima volta che questo avviene, il disprezzo mostrato dal presidente Putin per quella che lui stesso definisce “l’ideologia liberale” segna un cambio di paradigma rispetto al modo in cui la Russia si pone di fronte al resto del mondo. Il fatto che altri paesi emergenti, su tutti la Cina e l’India, abbiano scelto di non condannare l’invasione (e la Cina sembri addirittura valutare la possibilità di fornire armi alla Russia) è un segnale davvero preoccupante per la stabilità del sistema internazionale.

Questo rifiuto netto per i valori fondamentali su cui è costruito l’ordine liberale fa venir meno uno dei capisaldi della globalizzazione economica degli ultimi tre decenni. La rapida integrazione commerciale di molti paesi emergenti era basata sull’idea che essa avrebbe creato una forte spinta verso la convergenza sui princìpi chiave (come il rispetto per le libertà individuali e la tutela dei diritti) e ridotto i margini di conflitto. Al contrario, alcuni paesi hanno sfruttato la nuova interdipendenza economica e la propria posizione all’interno del sistema internazionale come uno strumento di ricatto. La Russia non è nuova ad un uso strategico delle proprie forniture energetiche e anche in questi giorni sta utilizzando questa minaccia per uscire dall’angolo in cui le sanzioni imposte dai paesi occidentali sembrano averla chiusa. 

La reazione compatta del mondo occidentale, che ha imposto sanzioni economiche senza precedenti e si sta dimostrando molto compatto di fronte all’invasione dell’Ucraina, rappresenta probabilmente uno dei segnali più incoraggianti in un contesto drammatico come quello attuale. L’Unione europea ha trovato una rinnovata coesione, abbandonando i propri distinguo e riscuotendo il sostegno convinto anche di quei paesi che fino a qualche settimana fa avevano messo in discussione lo stato di diritto, e il rispetto dei princìpi fondanti dell’Unione. Gli Stati Uniti, da parte loro, si sono mostrati disponibili a coordinarsi con i propri partner, assumendo un ruolo maturo e costruttivo in ambito internazionale. 

È possibile che la condivisione della difficile esperienza pandemica abbia contribuito a far comprendere l’importanza di affrontare in modo unitario le sfide globali, almeno nei paesi che condividono valori comuni attorno ai quali sono costruite le nostre democrazie e l’intero progetto di integrazione europea. 

Certamente, la risposta coordinata e unanime dei paesi occidentali rappresenta un fattore destabilizzante per il Cremlino, che molto probabilmente aveva scommesso su una reazione timida e disordinata, come già avvenuto molte volte in passato. D’altro canto, poiché i costi economici del conflitto saranno elevati e dureranno nel tempo, la capacità di fare fronte comune e mostrare coesione verranno messi alla prova. 

La gestione dei milioni di rifugiati in fuga dal conflitto, la richiesta di accesso all’Unione europea presentata dall’Ucraina (e dalla Georgia, che si sente anch’essa minacciata dalla Russia), gli inevitabili contraccolpi economici legati all’estromissione della Russia dal commercio internazionale (che porterà ad un ulteriore aumento del prezzo di alcune materie prime) rappresenteranno un banco di prova molto duro per le nostre democrazie

È inevitabile che una volta superata la crisi umanitaria che abbiamo di fronte, si debba avviare una discussione sull’architettura del sistema internazionale che possa aiutare a conseguire quegli obiettivi comuni di pace, tutela dei diritti e sviluppo che, alla luce degli eventi attuali, appaiono ancora più preziosi, anche se fragili. 
 


The war in Ukraine and the new world (dis)order
by Stefano Schiavo

Director of the School of International Studies 

In the coming weeks, the School of International Studies will organize some lectures to help us understand the conflict, its origins and possible consequences. 

We are now in the third week of war since the Russian Army invaded Ukraine. This dramatic event has brought the war back to Europe and has revived words and ideas that we hoped we had confined to history books. The effects of the war are already being felt all over the world and will have long term repercussions on the economy and society. There is no doubt that this is a historic event.

The questions that we have been asking since the beginning of the war, “why is this happening?”, “how long will it last?”, “what happens now?”, remain unanswered. Actually, no-one had predicted the military escalation of Russia, the united response from western states, nor the courageous Ukrainian resistance. This demonstrates how difficult it is to read and interpret the events occurring before our eyes. Besides, as it is often the case, truth is the first casualty of war: propaganda and contrasting views of events make it even more difficult to find an explanation for what is happening. 

An aspect that makes the invasion of Ukraine stand out and marks a break with the recent past is the full-frontal attack on the system of principles and values that have inspired the international political and economic integration after World War II. In addition to that, the ambiguous position of China, India and other countries, both in their declarations and in their votes at the United Nations, seem to suggest that the consensus on the basis of the current international order is starting to crumble. While this is not the first time, President Putin’s contempt for the “liberal ideology”, as he calls it, marks a change of paradigm in the attitude of Russia towards the world. The fact that other emerging countries, China and India above all, decided not to condemn the invasion (with China considering the opportunity to provide weapons to Russia) is extremely concerning for the stability of the international order.

The outright rejection of the fundamental values of liberal democracies endangers one of the pillars of economic globalization of the last three decades. The rapid economic integration of many emerging countries was based on the idea that it would have led them to converge on key principles (individual freedoms and fundamental rights) and reduced the areas of conflict. But instead, some countries exploited the new economic interdependence and their position in the international system as a blackmailing tool. It is not the first time that Russia uses its energy resources strategically and, in these days, it has resorted to threatening western countries to escape the sanctions. 

The united response of the west, which imposed unprecedented sanctions and stands united against the invasion of Ukraine, is probably one of the most encouraging aspects of this dramatic crisis. The European Union is united as never before, has abandoned its internal divisions and even those members States that until not long ago had questioned the rule of law and the funding principles of the Union are supporting the Ukrainian cause. The United States, on their part, have shown their willingness to side with their allies, taking on a mature and constructive role on the international scene. 

Maybe the pandemic, as a common experience, contributed to an increased understanding of the importance of tackling global challenges together, at least among countries that share the same values that have provided the foundations of our democracies and of the entire European integration process. 

What is certain is that the coordinated and united response of western countries is a destabilizing factor for Russia, that probably counted on a timid and fragmented response, as it had already occurred several times in the past. On the other hand, since the economic costs of the conflict will be high and long-lasting, this unity and cohesion will be challenged. 

Managing millions of refugees fleeing Ukraine, the application to join the European Union submitted by Ukraine (and Georgia, that also feels threatened by Russia), the economic blowback of the exclusion of Russia from international trade (that will lead to a further increase of the prices of raw materials) will be a tough testing ground for our democracies. 

And inevitably, once the humanitarian crisis is over, western states will have to discuss an architecture of the international system that can help achieve the common goals of peace, individual rights and development that, in light of this turn of events, appear to be even more precious, albeit fragile.

[Traduzione di Paola Bonadiman]